Alopecia Areata

 

L’alopecia areata è una patologia molto frequente del sistema pilifero, interessa circa l’1% della popolazione ma si pensa che, nelle sue forme più lievi, sia molto più comune.

 

Si caratterizza per la comparsa di chiazze prive di peli, asintomatiche e non cicatriziali, di forma per lo più rotondeggiante, di numero e dimensioni variabili, che si possono estendere a tutto il cuoio capelluto e alle altre zone pilifere.

Nel 10% dei casi sono presenti lesioni ungueali associate. Nonostante la sua benignità clinica la patologia può avere un impatto devastante sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro congiunti, soprattutto nei casi pediatrici e nelle donne.

Può esordire a qualsiasi età ma possono essere evidenziati due picchi di frequenza: prima della pubertà e tra i 20 e i 40 anni.

 

La lesione iniziale è, nei casi più caratteristici, una chiazza circoscritta totalmente glabra. La superficie della chiazza è bianca o rosea, liscia e senza squame.

Sono generalmente assenti sintomi soggettivi ma alcuni pazienti lamentano prurito, sensibilità o parestesie dolorose nel periodo immediatamente precedente lo sviluppo di una nuova lesione.

La chiazza iniziale può guarire in pochi mesi o ne possono apparire di nuove dopo un intervallo di 3-6 settimane anche mentre la prima va in remissione.

Le aree glabre isolate possono confluire più o meno rapidamente per una diffusa perdita dei rimanenti capelli.

In alcuni casi la perdita iniziale di capelli è diffusa e un’alopecia totale del cuoio capelluto si può verificare nel giro di 48 ore.

 

La definizione di alopecia totale viene applicata ai casi di una totale o quasi totale perdita di capelli, quella di alopecia universale si applica ai casi in cui vengono persi anche tutti gli altri peli del corpo.

 

L’alopecia areata può rimanere confinata a singole chiazze del cuoio capelluto, della barba, delle ciglia, delle sopracciglia, magari di un occhio soltanto. Zone con anagen di breve durata e telogen relativamente lungo e quindi teoricamente meno predisposte ad una patologia che dovrebbe interessare i peli anageni a più alto indice mitotico.

D’altro canto, qualunque sia la zona di inizio, non può essere esclusa una successiva generalizzazione della malattia. 

 

PATOGENESI

Il meccanismo patogenetico dell’alopecia areata consiste sostanzialmente in un danneggiamento dei melanociti e dei cheratinociti della matrice del pelo che dovrebbero differenziarsi verso il fusto.

Sembra che l’alopecia areata colpisca solo i follicoli che si trovano in una ristretta sottofase anagenica, quella a maggiore attività mitotica (anagen V).

Nell’uomo questa evenienza può verificarsi soprattutto in soggetti con pochi peli in telogen ed in regioni in cui l’anagen è più lungo. Ciò spiega come l’alopecia areata sia più rara nei pazienti con alopecia androgenetica, nei quali l’anagen è di breve durata, e come la localizzazione in zone ad anagen più breve (nuca, regioni temporali, ed ancora peggio pube e sopracciglia) abbia una prognosi peggiore.

Tuttavia non si verifica quasi mai un danno permanente del follicolo pilifero nonostante esso vada incontro ad una serie di fenomeni degenerativi più o meno rilevanti.

 

FATTORI PSICOLOGICI

È da tempo immemorabile che resoconti aneddotici attribuiscono lo scatenamento o l’aggravamento dell’alopecia areata allo stress. Un recente studio caso/controllo ha dimostrato la maggiore frequenza di eventi stressanti, per lo più familiari, nei pazienti affetti da alopecia areata, soprattutto donne, rispetto ai controlli. Un altro studio ha dimostrato che, sebbene gli effetti degli stress psico-sociali possano essere in causa sia nei bambini che negli adulti, non vi è nessuna correlazione fra gravità dell’alopecia, stato psicologico del paziente e intensità dello stress subito.

Il fattore stressante più importante sembra essere proprio la compromissione dell’aspetto estetico.

Disturbi psichiatrici minori (ansia e depressione) sono stati riscontrati in una percentuale tra il 33% e il 93% dei pazienti e sembrano essere prevalentemente secondari alla patologia tricologica. Tali disturbi possono persistere per anni anche in caso di guarigione. Disturbi psichiatrici maggiori, comprese le psicosi, possono essere presenti nell’11% dei casi.

 

FATTORI IMMUNOLOGICI

La convinzione che l’alopecia areata sia una malattia autoimmune si basa su molti riscontri.

Negli ultimi decenni è stato evidenziato il ruolo delle popolazioni linfocitarie che mostrano variazioni sia del numero totale dei T linfociti che delle loro sottopopolazioni nel sangue periferico.

Si è osservato che le sottopopolazioni linfocitarie e le immunocitochine prodotte variano nelle diverse fasi della malattia, possibili spie dell’attività locale dei processi patologici.

Un fattore importante che può giocare un ruolo nella patogenesi dell’alopecia areata è la perdita del cosiddetto “privilegio immunologico” del follicolo pilifero.

In condizioni normali, il nostro sistema immunitario non è in grado di entrare in contatto con gli antigeni presenti nel follicolo pilifero perché sequestrati in posizioni non accessibili alle cellule infiammatorie e perché mancano gli antigeni di istocompatibilità di I e II classe e le cellule dendritiche in grado di presentarli. Nell’alopecia areata viene meno questa protezione e, in fase attiva, è invece frequente il riscontro di numerose cellule dendritiche disposte alla periferia e nel contesto dei follicoli piliferi affetti, soprattutto nella porzione bulbare che rappresenta il principale bersaglio in questa patologia.

Infiltrato che si riduce drasticamente nel caso di trattamenti efficaci.

 

STAGIONALITA'

In buona parte dei pazienti affetti da alopecia areata non è possibile riscontrare nessun evento scatenante.

In uno studio presente in letteratura medica è emerso che, nella maggior parte dei pazienti con alopecia areata recidivante, i nuovi episodi presentavano un andamento stagionale con un minimo di recidive nei mesi estivi ed un incremento nell’autunno-inverno. Ulteriori osservazioni nei recenti anni più caldi rispetto alla media dei precedenti, hanno dimostrato che la curva delle recidive si è spostata: il picco si presenta oggi solo in pieno inverno.

Si può quindi ipotizzare che, almeno in alcuni pazienti, l’alopecia venga innescata dall’inizio di un nuovo ciclo pilare, condizionato dalle temperature come avviene nei cicli pilari normali, nel momento di massima espressione degli antigeni melanocitari e cheratinocitari di moltiplicazione e differenziazione.

 

PROGNOSI

La prognosi dell’alopecia areata è imprevedibile.

Molto spesso la remissione è spontanea e si verifica entro un anno. Si stima, però, che il 20% - 30% dei casi evolvano nelle forme più estese e meno dell’1% in quella universale.

Il tasso di recidive è del 50% a 5 anni, dell’80% a 10 anni e quasi del 100% a 20 anni e spesso gli episodi recidivanti sono più gravi di quello iniziale.

 

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